E se la stampa 3D rappresentasse il passato? Ecco la rivoluzione del 4D stampabile!

Dalle case ai ciondoli, passando per organi del corpo umano e quasi qualsiasi altro oggetto pensabile: le potenzialità della stampa 3D sono sotto gli occhi di tutti, ma è meno conosciuto il fatto che possono già essere superate. La nuova frontiera è la stampa 4D e se ne sentirà sempre più parlare.
Il concept è stato sviluppato, come spesso succede in questi casi, da un ricercatore del MIT (il prestigioso Massachusetts Institute of Technology): Skylar Tibbits, appartenente al dipartimento di architettura dell’importante istituto universitario americano, che ha lavorato in collaborazione con altri dipartimenti come Statasys, Autodesk e il Self-assembly Lab dello stesso MIT. La vera rivoluzione è la capacità che la stampa 4D dà ai materiali di auto-assemblarsi, una volta prodotti. La quarta dimensione è infatti il tempo: una volta prodotti, gli oggetti possono modificarsi, in relazione allo spazio, al tempo, alle necessità o –se applicati ai tessuti- alle diverse emozioni del corpo umano. “Immaginate un comportamento simile a quello dei robot senza la necessità di fare affidamento su dispositivi elettro-meccanici“, spiega Tibbits, “ma semplicemente su dei particolari chip impiantati nei vari materiali”.

Da Boston al resto del mondo. Il 4D stampabile non si è fermato all’interno dei confini degli Stati Uniti ma, attraverso alcune collaborazioni accademiche, viene attualmente sperimentato in altri punti del globo. In Cina, ad esempio, è stato creato un materiale capace di ripiegarsi in modo autonomo e dotarsi di configurazioni differenti a seconda della temperatura dell’ambiente in cui si trova, “ricordandosi” come comportarsi in determinate situazioni; al Centre of Excellence for Electromaterials Science di Wollogong, in Australia, hanno invece progettato un idrogel dinamico, flessibile e robusto al tempo stesso, attualmente utilizzato per valvole che si azionano in risposta alla temperatura o ai cambiamenti dello stato delle acque in cui si trovano immerse.
L’Italia non è seconda a nessuno in questo campo. Alla neo-rinata Città della Scienza di Napoli c’è un FabLab all’avanguardia, messo in essere dalla fondazione partenopea proprio insieme al MIT, attualmente capace di reclutare alcune tra le migliori menti in circolazione. Qui si sperimenta la stampa 4D a tutto tondo, anche se al momento ci si sta concentrando in particolar modo nel campo biomedico e in quello dei tessuti.

Non solo valvole cardiache o “pezzi di corpo umano” quindi, per quanto il campo fisiologico sia tra quelli che più aspettano le applicazioni di queste nuove tecnologie, ma anche qualcosa di più pratico e vicino alla vita quotidiana di tutti. Un esempio: chip microscopici inseriti nei filati nel momento stesso della creazione che possono permettere a un divano di adattarsi alle necessità fisiche del corpo di chi lo usa e a un tessuto di aumentare o diminuire la sua densità a seconda della temperatura, permettendo di diminuire i rischi dovuti agli sbalzi termici.
Innumerevoli applicazioni pratiche, quindi, per quest’avventura che è appena all’inizio e che può riservarci ancora tantissime sorprese. Saremo presto pronti a dire addio alla stampa 3D?